Il fatto che recentemente due provvedimenti
legislativi siano stati spostati dalla Camera al Senato era stato interpretato
da alcuni organi di stampa come indicatore dell’intenzione dell’ex Premier di
lasciare libero il primo ramo del
Parlamento per fargli approvare in tempi rapidissimi una legge elettorale
simile a quella del Senato, al fine di
andare alle elezioni già in Aprile e consentire a Renzi di presentarsi
nuovamente nel ruolo di Capo del Governo al G7 di Taormina in maggio.
Questa notizia mi era sembrata pura fantapolitica
perché un tale disegno dovrebbe fare i conti non con uno, ma con più osti: la
Corte Costituzionale che dovrà dal 24 gennaio discutere e decidere in merito
all’ Italicum e che certo non gradirebbe
essere scavalcata, la minoranza del PD che, dopo l’esito referendario, non
sarebbe necessariamente d’accordo con il Segretario del partito, lo stesso
Presidente della Repubblica che non accetterebbe altre forzature su un tema
così delicato ed infine e soprattutto gli elettori che non giudicherebbero
positivamente un ulteriore saggio di
forzato protagonismo.
Inoltre una tale manovra avrebbe dimostrato che , dopo aver sottovalutato i risultati
delle elezioni amministrative dello scorso giugno in cui il PD era uscito
fortemente ridimensionato, Renzi stava per ripetere l’errore dopo il
risultato referendario, che ha
bocciato le riforme costituzionali
. Mi sembrava davvero troppo.
E infatti, nell’intervista rilasciata ieri a
Repubblica, Renzi ha smentito di voler accelerare i tempi e ha affermato di cercare un confronto con le
altre forze politiche puntando, in via preferenziale, ad un impianto elettorale di tipo
maggioritario. Questo orientamento , che appare di tipo tattico, dovrà
tener conto di quanto acutamente osservato da
Antonio Polito sul Corriere a
commento dell’esito del referendum: “ rifiutandosi
di entrare nella Terra Promessa da Renzi, gli elettori hanno forse scritto la parola fine sulla seconda
Repubblica” che era fondata
su quattro pilastri: 1) il leaderismo,
cioè l’assunto, introdotto nella scena politica italiana da Berlusconi nel
1994, per cui il Capo della coalizione
vincente diventava automaticamente capo del governo; 2) il sistema maggioritario, condizione essenziale del leaderismo; 3 )
la presenza di due coalizioni ,
entrambe potenzialmente vincenti; 4) la
Tv come leva principale del successo elettorale. Ma il sistema bipolare è
stato spazzato via in occasione delle elezioni politiche del 2013, con l’ascesa
del Movimento 5 Stelle al rango di prima forza politica del Paese; sorte
analoga è toccata alla TV, che si è rivelata controproducente per i candidati
sovraesposti , sia nelle predette elezioni, sia in occasione del referendum,ed
è ormai soppiantata dai social media. Il sistema maggioritario non sembra più una soluzione praticabile in un
contesto tripolare e, di conseguenza, viene meno anche il leaderismo.
Ciò comporta, per Renzi, la necessità di riflettere a
fondo sul suo ruolo e sul rapporto con il PD, che non può essere più da lui
visto come una semplice macchina elettorale al servizio del leader, ma come un
sistema complesso, capace di ritrovare i collegamenti con la società civile e di capirne le priorità, di
presentare proposte non di facciata ma di sostanza per affrontare i problemi
principali (dal rilancio produttivo, al
lavoro, all’immigrazione, ecc.). Sistema che può funzionare solo ristabilendo
un confronto dialettico ma costruttivo con l’opposizione interna. Ora che il
modello “tutti al servizio di uno” è superato, occorre ritrovare e rivitalizzare
alcuni dei valori della tradizione democratica che avevano consentito , in
passato, un forte radicamento sociale del partito. Una ritrovata sintonia
interna consentirebbe al PD un utile confronto con le altre forze politiche,
che il Capo dello Stato ha indicato come condizione necessaria per una riforma
elettorale adeguata e condivisa.
Tutto ciò richiede tempo, un approccio moderato,
basato sull’ascolto e su una buona dose di umiltà, per
creare una discontinuità rispetto al precedente che si è dimostrato
perdente, come lo stesso Renzi ha riconosciuto dicendo dopo il referendum “non
abbiamo perso, ma straperso”. Il
fatto che, da allora l’ex Premier abbia
mantenuto un profilo basso è un primo
indicatore che forse la lezione ricevuta è servita.
Proseguire su questa strada senza forzare le tappe è
condizione inderogabile per recuperare credibilità e presentarsi al prossimo
appuntamento elettorale in termini competitivi. La sconfitta referendaria
deve essere opportunamente metabolizzata ed essere occasione per
una seria autocritica, prima di andare alle urne.
20 commenti:
Disamina perfetta, grazie. Il guaio tuttavia, secondo me, sta a monte. Continuiamo a parlare di strade da percorrere a conducenti privi di patente.
Se le cose stanno come dici, i miei suggerimenti potrebbero essere visi come un contributo per conseguirla.
Grazie a te.
Roberto
Siamo ancora a parlare di Renzi.
A Tuo giudizio, c’è il pericolo che lo candidino ancora?
Possibile mai che il PD non veda che Gentiloni è più gradito?
Cordialmente
giuseppe nava
Il problema è che i problemi del Paese sono ancora tutti lì, a sfidarci, in un contesto internazionale che però si sta facendo più difficile per noi: con il prezzo del petrolio e del denaro in aumento e con il rischio che le politiche economiche delle grandi potenze cambino e ci penalizzino.
Occorre riprendere in mano il progetto paese, ridefinire gli obiettivi e la strada per arrivarvi magari in modo più coinvolgente di prima. Magari poi si scopre che quello che va fatto è proprio quello che si stava cercando di fare prima; ma questa volta occorre un po' di tempo perché il tutto avvenga con un processo condiviso dal popolo italiano. Magari, in quest'ottica, penso anch'io che Gentiloni potrebbe aiutare meglio di altri.
Giorgio
Al momento Renzi, come Segretario, ha ancora il controllo della maggioranza del partito; quindi una sua ricandidatura è più che probabile.
Gentiloni (e non solo: anche Minniti) sta facendo molto bene e rende avvicinabili, nel medio termine, cose che in precedenza erano inimmaginabili, come accordi estesi con Paesi africani per il controllo dell'immigrazione. Inoltre, lo stile felpato e cortese che lo contraddistingue, è servito a stemperare molte delle occasioni di conflitto create dal suo predecessore..
Dal confronto emerge che,se Renzi 2 vuole rientrare con successo nel ruolo di Presidente del Consiglio,dovrà assomigliare più a Gentiloni che a Renzi 1.
Ciao.
Roberto
Temo che il mondo della politica possa andare avanti, senza patente, indisturbata perché indisturbabile. Questo non significa affatto arrendersi, ma rendersi conto che non c’è da scalare una collina, bensì l’Everest con le scarpe da tennis e senza bombole d’ossigeno. Ciao, Dario
Convengo che la scalata è dura, ma il popolo ha dimostrato, in Italia e non solo, che può mettere paura a chi detiene il potere e ciò non va sottovalutato: vedrai che Renzi abbasserà la cresta.
Ciao. Roberto
Aggiungo una considerazione per Giorgio:
I francesi dicono "c'est le ton qui fait la musique" e ciò vale anche in politica. Come tu dici, magari si tratta di fare le stesse cose, ma bisogna farle con toni diversi. Il coinvolgimento è una cosa seria: non consiste, come ha creduto Renzi, nel bombardare i cittadini di messaggi e di slides ma, soprattutto, di ascolto.
Anche un Piano Paese di cui c'è bisogno, non può consistere di provvedimenti estemporanei miranti a "comprare" il consenso.
Di fronte alle difficoltà tuttora presenti e che potrebbero aumentare ci vuole soprattutto serietà.
Ciao.
Roberto
I troppi errori commessi da Renzi in politica economica e non solo, credo non favoriranno, a mio giudizio, la nuova scalata a Palazzo Chigi. E' fuori discussione che, nonostante tutto, il segretario detenga la maggioranza del partito, ma la scalata alla poltrona risultera' ardua e complessa. Ad ogni buon conto il paese ha bisogno di un conduttore piu' simile a Gentiloni per affrontare e risolvere e i problemi ereditati e quelli che stanno per emergere.
Ciao
Fausto
Condivido con qualche precisazione le tue osservazioni.
E' probabile che Renzi incontri più difficoltà a tornare in sella di quanto da lui inizialmente previsto.
Per farcela dovrebbe attuare un notevole cambiamento, anzitutto di stile, sia nei rapporti interni al partito, sia verso l'esterno : ridurre l' ottimismo di maniera,la propaganda smaccata e le provocazioni gratuite, aumentare il dialogo vero,l'attenzione a chi la pensa diversamente da lui e la mediazione politica.
Qualora il suo carattere glie lo impedisse, si aprirebbe lo spazio per Gentiloni o per altri più simili a lui.
Ciao.
Roberto
Caro Roberto, tutti i politici devono abbassare la cresta e fare un serio esame di coscienza (siamo in grado di governare un paese moderno? La nostra casta ha ancora senso?). Il governo Gentiloni (che almeno è una persona presentabile) è la continuazione di quello di Renzi. Quest’ultimo, unitamente alla Boschi, avrebbe dovuto dare le dimissioni promesse (da entrambi). Fanno troppo quello che vogliono. Poi hai ragione, la gente non ha l’anello al naso e questo è sicuramente buon segno. Dunque, attacco all’Everest!
Dario
Ad maiora !
Roberto
Volevo solo accertarmi di aver capito bene che Renzi non tornerà più.
Noto poi che mancano 3,4 miliardi dal bilancio ma non si tolgono neppure le mance elettorali costosissime di Renzi. Segno del potere che ha tuttora l’ex sindaco fiorentino.
gn
Al riguardo ti propongo di leggere il commento di "consulente" e la mia risposta.
Il potere renziano c'è ancora ma non potrà essere esercitato come in precedenza.
Ciao.
Roberto
Francamente, ritengo che la deduzione del CdS circa la fine della seconda repubblica (che non so cosa sia) e del leaderismo sia piuttosto fantasiosa.
Che un particolare tipo di leader rappresentato da Renzi, cioè quello del "diverso" dagli altri perchè unico in grado di decidere per il bene di tutti, non funzioni, in una realtà come quella italiana in cui l'individualismo è costitutivo non funzioni perchè capace solo di creare conflitto tra un pullulare di leader diffusi, è evidente. Ma che un leader sorridente e "come gli altri" sia invece bene accetto, perchè consente a tutti di demandargli tutta la responsabilità politica proprio perchè è come se se ne occupassero loro stessi, non solo ritengo sia vero, ma sia anche in perfetta continuità con il passato. Altrimenti non si spiegherebbe il multipolarismo attuale che, permanendo la debolezza dei partiti tradizionali, rischia fortemente di tramutarsi un un monopolarismo.
E' fallita invece, insieme con il personalismo smaccato, la prospettiva realistica e il corrispondente desiderio di cambiamento strutturale, che era presente, anche se in modo eccessivamente unilaterale e carente sul piano democratico, nel progetto renziano.
GMG
Per seconda repubblica s'intende il periodo ( dal 1994 ai tempi attuali) caratterizzato dal metodo dell'alternanza, mutuato dalle democrazie anglosassoni ma applicato non a due partiti, bensì a due coalizioni. Con il risultato di una maggiore instabilità che ha portato, in alcuni casi, alla possibilità di far cadere i governi con lo spostamento solo di uno o due parlamentari (casi Turigliatto e Pallaro ai tempi di Prodi e Razzi, Scilipoti, De Gregorio in quelli di Berlusconi).
Le deduzioni di Polito sono ovviamente delle ipotesi e come tali discutibili ( non a caso il giornalista le ha accompagnate con la parola "forse"), ma a me paiono fondate.
Lo spartiacque sono le elezioni politiche del 2013 in cui è emersa prepotentemente una terza forza, i 5 Stelle, che non ha alcuna intenzione di coalizzarsi con una delle altre due. Ciò rende possibile e forse probabile il ritorno ad un sistema a base proporzionale e magari alle larghe intese.
Convengo che nel progetto renziano ci fossero proposte di cambiamento opportune. che sono naufragate insieme al suo personalismo smaccato e al suo modo di procedere unilaterale.
Ciao.
Roberto
Nel pubblicare il commento di GMG (Giuseppe Maria Greco) ho erroneamente omesso il suo nome e quindi risulta postato da me.
Chiedo venia all'autore e ai lettori.
Roberto
Voglio aggiungere solo un paio di considerazioni al dibattito.
Luca Ricolfi, ne "L'enigma della crescita" edizioni Mondadori, dimostra come la crescitra economica di un paese sia legata anche al livello di formazione delle persone, al flusso degli investimenti stranieri, al buon funzionamento degli apparati pubblici e al basso livello delle tasse su imprese ed utili.
A mio avviso il governo Renzi ha cercato di operare su questi fronti, scontrandosi principalmente contro gli apparati (che col referendum si sono vendicati), contro la mentalità antiaziendalista, contro il problema non risolubile del debito pubblico, contro il problema del cuneo fiscale.
Purtroppo i provvedimenti presi, troppo timidi, non hanno dato i risultati sperati; sicché oggi apparati e corporazioni hanno rialzato la testa per difendere privilegi contrari al buon funzionamento della macchina pubblica, alla crescita industriale ed alla nascente sharing economy. Il referendum, secondo me e a differenza di quel che sostiene Roberto, non si è concluso contro "il potere" - che anzi nel Paese è rimasto ben saldo in sella - ma contro il rinnovamento che era in corso.
Ora il problema della crescita per noi è diventato drammatico, l'applicazione della formula di Ricolfi ineludibile ma le finestre favorevoli di questi ultimi anni (basso costo di petrolio e bassi tassi di interesse) si stanno chiudendo.
Chissà se, tra Renzi e Gentiloni, per noi non sia meglio una Tacher.
Giorgio
Purtroppo i "timidi provvedimenti" del Governo sono stati accompagnati dalla tracotanza del Premier, il che ha suscitato forti resistenze non solo negli apparati e nelle corporazioni, ma anche nei cittadini, che vogliono un governo che governi ma non imponga i suoi punti di vista a colpi di voti di fiducia (tre ne sono stati fatti, ad esempio, per varare l'Italicum). In questo modo le riforme, che pure contenevano anche positivi cambiamenti, sono state bocciate per opporsi ad un'eccessiva concentrazione del potere.
Ben venga una Thatcher, se la troviamo.
Roberto
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