Un recente articolo
di Fabio Martini su La Stampa ha evocato
una possibile intesa fra i tre politici suddetti per dar vita ad una lista civica nazionale, potenziale alleata del
PD alle prossime elezioni. L’ipotesi, ripresa da vari organi d’informazione, ha
indotto Lilli Gruber a domandare a Marco Travaglio, nella trasmissione “Otto e
mezzo”, cosa ne pensasse e lui ha risposto; “ma cosa c’entra una iperliberista
come la Bonino con Pisapia, che proviene da Rifondazione Comunista ?”. Dubbio
legittimo se l’ipotesi è valutata sul metro della classica distinzione fra
destra e sinistra. Ma, come ha scritto in un editoriale sul Corriere della Sera
Ernesto Galli della Loggia, tale distinzione è ormai obsoleta e non permette,
ad esempio, di classificare in tale dicotomia una realtà come il Movimento 5
Stelle . Scrive l’Autore: “ Se le categorie destra e sinistra non
servono, quale altra bussola utilizzare?
Può aiutare la distinzione fra amici e nemici della società aperta ( o
libera)”.
In questo
senso c’è coerenza nell’ipotesi predetta essendo i tre protagonisti tutti favorevoli
alla società aperta. Le differenze che
indubbiamente ci sono su altre tematiche non vanno considerate peraltro come un
ostacolo ad un’ utile collaborazione. Anzi, esse prefigurano il potenziale
superamento della tradizionale “forma partito” basata su comunanze ideologiche
che oggi hanno molto meno presa che in passato. Tale ipotesi si colloca nel
solco tracciato in Francia da Macron che, nel suo libro “Revolution” ha dichiarato di non riconoscersi affatto nella distinzione destra-sinistra in quanto
su certi temi propende da una parte e su altri dall’altra.
Non so se
l’alleanza Bonino – Calenda – Pisapia avrà realmente gambe per camminare, ma il
solo fatto che sia stata evocata è indicativo del possibile sorgere di una
nuova forma politica che, in un post di qualche tempo fa, avevo chiamato
“Unito”, per indicare una forza di tipo trasversale che, a differenza del “Partito”, tenga
insieme sensibilità diverse e che sia capace di fare sintesi fra le
stesse.
Che la
capacità di fare sintesi sia la variabile cruciale lo dimostra il dibattito che
si è sviluppato in Italia sul tema immigrazione, caratterizzato da una feroce
contrapposizione ideologica in cui è stata vincente per lungo tempo, in quanto
condivisa dal Governo, la posizione tipica
della sinistra riassumibile nel concetto “le migrazioni sono un fatto epocale e
ineluttabile”, il che ha portato ad avallare
e accettare un afflusso
indiscriminato di migranti, alimentando
un colossale “business
dell’accoglienza”. Va detto che tale
impostazione , contraria al buon senso, ha spaventato tutti i nostri partner europei,
nessuno dei quali è giunto (per me
giustamente) in nostro soccorso, temendo la nostra incapacità di gestire il
fenomeno. Solo quanto la scorsa estate
la situazione degli arrivi è diventata del tutto incontrollabile c’è stata una reazione da parte del Ministro
Minniti che ha rimesso le cose sotto controllo ed avviato iniziative per
governare finalmente i flussi migratori.
Dopo tale cambiamento i nostri partner europei si sono dimostrati più disposti
a venirci incontro. Il cambiamento di tono sulla questione è stato confermato
da quanto detto da Papa Francesco sulla necessità di regolare i flussi in funzione delle effettive
possibilità di accoglienza.
Quanto
precede permette di affermare due cose:
-
Lungo l’asse apertura – chiusura è necessario
trovare un punto intermedio, come quello individuato da Minniti per
l’immigrazione, che rappresenti un’appropriata mediazione fra istanze diverse e
ugualmente legittime.
-
Tale
mediazione non deve necessariamente essere sviluppata fra partiti ma può
avvenire all’interno di una sola forza politica, come il caso immigrazione
dimostra.
Si conferma
quindi l’opportunità che la politica inizi a lavorare per trasformare i partiti
da entità tendenzialmente monolitiche ( che avevano senso al tempo delle forze
di massa novecentesche) a entità plurali, capaci di includere
programmaticamente pensieri differenziati
e trarre dalla diversità la forza e la creatività necessarie per
affrontare efficacemente le sfide della complessità che il mondo globalizzato
propone.
Se questa
logica farà strada, in futuro la competizione non sarà più basata sulla
diversità dei valori e dei programmi ma sulla capacità di fornire soluzioni
integrate e sull’abilità di metterle
concretamente in pratica.
16 commenti:
È davvero auspicabile quanto dici Roberto cioè la creazione di nuovi soggetti politici di tipo trasversale. In ogni caso avremo a che fare con soggetti politici che in qualche misura avranno come riferimento anche schemi precedenti. Sarebbe utile una contaminazione tra vecchi e nuovi soggetti con poche regole comuni che favoriscano il contrasto agli aspetti più patologici (presenti sia nei nuovi che nei vecchi soggetti) e sviluppino gli aspetti più utili al bene comune.
È davvero auspicabile quanto dici Roberto cioè la creazione di nuovi soggetti politici di tipo trasversale. In ogni caso avremo a che fare con soggetti politici che in qualche misura avranno come riferimento anche schemi precedenti. Sarebbe utile una contaminazione tra vecchi e nuovi soggetti con poche regole comuni che favoriscano il contrasto agli aspetti più patologici (presenti sia nei nuovi che nei vecchi soggetti) e sviluppino gli aspetti più utili al bene comune.
Ancora una volta sono d'accordo con te.
Vedo peró due problemi.
Primo. L'elaborazione di soluzioni integrate, sintesi di alcune posizioni tradizionali di destra e sinistra e di altre nuove ed originali, vuole il superamento dell'adesione incondizionata alle ideologie e delle posizioni di testimonianza. Oggi peró questo sembra difficile.
Secondo. Una soluzione di sintesi praticabile appartiene al dominio della razionalitá e difficilmente puó attrarre il consenso di coloro che dell'emotivitá fanno una cifra politica.
A presto!
Giorgio
Rispondo ad Alberto:
Mi fa piacere che tu sia d'accordo sull'idea e che metta in evidenza l'esigenza di regole comuni.
Questo tema potrebbe essere oggetto di un dibattito all'interno dell'associazione "Le Forme della politica", che esendo apartitica e composta da persone di diversi orientamenti politici, potrebbe studiarla in modo obiettivo,
E' evidente che uno dei temi che andranno analizzati è il fatto che, mettendo insieme persone con diverse tradizioni culturali e politiche, emerge necessariamente una certa dose di conflitto da gestire opportunamente al fine di per farne un fenomeno non distruttivo ma capace di stimolare la creatività del gruppo e portare a soluzioni innovative.
Roberto
Rispondo a Giorgio:
La prima difficoltà che evidenzi è inevitabile, vista la situazione di "ideologismo diffuso" in cui versa il nostro sistema politico, ma non insuperabile. E' ovvio che ci sarebbe molto lavoro da fare per favorire l'abbandono di antichi "riflessi condizionati".
Anche il problema dell'emotività è centrato: non a caso, se fosse vera l'ipotesi dell'accordo fra gli esponenti citati, si tratta di persona che, pur con storie personali e politiche assai diverse, sono accomunate da un alto tasso di razionalità.
Ciao.
Roberto
Caro Roberto,
L’idea dell’aggregazione di politici di tendenze ed esperienze diverse è allettante: segnerebbe la fine della partitocrazia e l’installazione di un nuovo regime, fatto di alleanze – o meglio di collaborazioni – fra esperienze diverse, unite dal comune impegno di lavorare per il bene del Paese. La formula si presta a elaborazioni di strategia politica di elevato valore concettuale, ma temo che lì ci si debba fermare: se scendiamo sul terreno pratico dubito che qualsiasi proposta riceverebbe il sostegno degli elettori, e nemmeno quello degli stessi designati. E se per avventura lo fosse, non durerebbe lo spazio di un mattino.
Nel caso pratico che ci sottoponi, mi domando se l’assortimento sia dovuto ad un’estrazione a sorte o ad un ragionamento che mi sfugge (e per la verità è sfuggito anche a qualche amico al quale l’ho proposto). Pisapia con Bonino? Calenda con Pisapia? Che tipo di governo ipotizziamo? Inseriamo un subdolo disgregatore come Pisapia, e dimentichiamo un gentiluomo capace (anche se sotto le righe) come Gentiloni? E Minniti? Il fatto che l’estrema sinistra non abbia nessuno più presentabile non significa che dovremmo inserirlo in un governo “di collaborazione” – né in nessun altro governo, se è per questo.
Mi rendo conto di aver espresso opinioni di parte che però non sono soltanto mie personali; le esprimo chiedendo scusa, ma voglio solo dimostrare che l’idea della nuova forma politica solleverebbe più problemi di quanti ne vorrebbe risolvere.
Buona serata,
Umberto
Caro Umberto,
non capisco perché la proposta non dovrebbe ricevere il consenso degli elettori essendo ormai accertato che gli stessi sono stufi della partitocrazia e pronti a cambiare cavallo, come dimostra l’assai elevata fluidità elettorale. Nella mia ipotesi non ci sono poi dei “designati” ma persone che si propongono di dar vita ad un Unito, sapendo che gli elettori lo sceglieranno se sarà capace di produrre una sintesi appropriata di posizioni diverse: l’alto consenso ottenuto sia a sinistra che a destra da Minniti è l’evidenza concreta che i cittadini ( e gli stessi politici in buona misura) aspettano proprio questo: persone e forze capaci di fondere istanze diverse ma tutte legittime ( sicurezza e sostenibilità verso apertura e accoglienza) in decisioni sensate e non ideologiche.
Non so come sia nata l’ipotesi di un “ticket” Bonino-Calenda-Pisapia ma l’ho notata e riportata perché é evidentemente affine alla mia proposta e la storia dice che quando la stessa ipotesi nasce a breve distanza di tempo in luoghi diversi, significa spesso che è pronta per decollare.
Non siamo noi a poter proporre chi deve andare al Governo, ma il corpo elettorale attraverso le sue libere scelte. Capisco che la diversità dei personaggi segnalati possa suscitare perplessità, ma se si presentassero davvero al giudizio dell’elettorato si verificherebbe se si tratta di una brillante idea o di velleitarismo.
Dato che approfondiremo questo tema nell’Associazione Le Forme della politica ti invito, se interessato, a partecipare alla nostra discussione. Fammi sapere.
Ciao.
Roberto
Caro Roberto,
se e quando il Tuo pienamente condivisibile auspicio dovesse trovare concreta realizzazione ed in futuro la competizione non sarà più basata sulla diversità dei valori e dei programmi ma sulla capacità di fornire soluzioni integrate e sull’abilità di metterle concretamente in pratica, la Nazione ne troverebbe un sicuro beneficio. Ma, purtroppo, le recenti dichiarazioni di esponenti del partito di maggioranza e le stesse modalità che hanno connotato la festa del PD lasciano poco spazio alla speranza. Giuseppe Costarella
Io penso che i partiti - tutti, almeno in teoria- vadano aiutati ed incoraggiati, nelle loro componenti più recettive a mettere in atto comportamenti virtuosi. E se i partiti e i movimenti presenti proprio non hanno nessuna attrattiva allora è sempre possibile, oltre che astenersi, cercare di avere un ruolo attivo, con nuovi movimenti politici. Una cosa interessante della nuova proposta di legge per l'elezione del parlamento è che la soglia minima per un nuovo movimento che si affaccia sulla scena politica sembra essersi abbassata di molto, ho letto 1% per chi si mette in coalizione. Si aprono interessanti prospettive a mio parere non solo di divertenti paradossi di liste civetta ai quali ci siamo abituati e dei cui sprazzi di umorismo non vogliamo privarci anche in futuro ma anche, forse, della possibilità di di creare qualcosa di nuovo e che possa lasciare un segno.
buona serata.
Alberto Catellani
Cari Giuseppe e Alberto,
l'idea di una forza trasversale è , a mio avviso, un'ipotesi per il futuro della politica, non per l'oggi che è ancora troppo condizionato dalla logica rigorosamente "di parte" dei partiti e movimenti attuali. E' una cosa in embrione, sulla quale sarebbe interessante fare un ampio dibattito per vedere se il seme può germogliare. In caso positivo qualcuno, fra i politici attuali o fra attori futuri, potrà farsi carico di metterla in pratica.
Roberto
Caro Roberto,
Grazie della tua risposta, che richiede da parte mia una spiegazione.
Tu dici che la nuova forma politica sarebbe costituita da “persone che si propongono di dar vita a un Unito” (che, se non è un partito, bisognerà pur chiamarlo in qualche altro modo). Questo Unito risulterà dalle libere scelte del corpo elettorale, tu dici. In sunto, queste persone si metterebbero d’accordo su un programma e chiederebbero quindi il consenso del corpo elettorale.
Se così è, viene spontanea la domanda: chi sarà disposto ad organizzare, pagare e promuovere una campagna elettorale di persone provenienti da un’area potenzialmente a 360 gradi? Non certamente un solo partito, e tanto meno i partiti tutti insieme. Quindi, a questo gruppo di persone non rimane che costituirsi in partito, supportato da un consistente numero di firme. Supponendo che si superino tutti gli ostacoli relativi alla costituzione di un nuovo partito (perché di questo si tratterebbe) e cioè soldi, organizzazione sul territorio, capacità organizzative, il nuovo animale politico dovrebbe partecipare ad una lotta elettorale senza quartiere da parte degli altri partiti. Risultato garantito: nullo.
Forse non ho capito niente e sto battendomi contro i mulini a vento, ma in un paese democratico le elezioni non possono prescindere dall’esistenza dei partiti, comunque li si voglia chiamare e configurare. E questa nuovo animale, o si presenta come partito o non esiste dal punto di vista pratico. Ne vedo una gestazione difficile, seguita magari da un parto ad alto rischio.
Chiedo scusa, non voglio fare il politologo che non sono, queste sono soltanto le idee di un cittadino che ha visto per troppo tempo gli alti ideali affondare sotto il peso degli opportunismi.
Buona giornata,
Umberto
Caro Umberto,
hai perfettamente ragione a dire che, nel sistema costituzionale vigente, una nuova forza politica dovrebbe costituirsi necessariamente come partito, ma ciò non toglie che possa legittimamente proporsi di superare la logica di parte, sposando quella del bene comune.
Per quel che vale, c'è il precedente del M5S che si è dato uno statuto chiamandolo "non statuto" e che ha fondato un partito chiamandolo "movimento". Ciò non gli ha impedito di diventare la prima forza politica del Paese. Se è riuscito in questa impresa un gruppo imizialmente assai limitato di persone, certamente non molto preparate, non vedo perché non dovrebbero riuscirci persone di qualità, con o senza precedente esperienza politica.
Il nome della forza ipotizzata c'è già ed è "Unito", che esprime in estrema sntesi il non essere di parte.
Il poroblema del finanziamento e delle firme è grande; comunque penso che il trio Bonino-Calenda-Pisapia ce la farebbe certamente; se la proposta nascesse invece dal basso, cioè da cittadini comuni, la sfida sarebbe assai più impegnativa, ma non insuperabile, vista la fame di qualcsa di veramente nuovo che c'è in giro per l'Italia.
Grazie del tuo sempre stimolante contributo.
Roberto
Bonino + Calenda... penso potrei votarli
MZ
Sei quindi la prima prova concreta che la logica dell' "Unito" può raccogliere il consenso degli elettori. Buon segno.
Ciao.
Roberto
Bonino e soprattutto Pisapia nomi che garantiscono accoglienza totale e arrivi indiscriminati.
Andrebbero invece rimandati tutti gli “sbandati” che sono in Italia con la scusa dell’asilo che , per equità, dovrebbe venire concesso a tutti i cittadini dei Paesi di provenienza di questi “richiedenti”.
Oggi su un canale RAI si è messo in evidenza che un minore italiano ogni otto è in grave indigenza. Ai concorsi per 23 posti di infermiere a milano (Fatebenefratelli) si presentano in 2600.
E parliamo ancora di accoglienza?
gn
Che l'accoglienza debba essere proporzionata alle possibilità l'ha detto anche il Papa e certamente oggi tali possibilità sono assai limitate.
Ho citato il tema dell'apertura perché è il "collante" che tiene insieme personaggi molto diversi: sul piano economico, ad esemopio,le ricette di Calenda non sono certo quelle di Pisapia anche se entrambi sono a favore dell'Europa. Se, malgrado ciò, si mettessero insieme e riuscissero a trovare una sintesi equilibrata delle diverse istanze, potrebbero attrarre molto più dei partiti tradizionali, i quali continuano ad insistere con ricette unilaterali che poi cercheranno faticosamente di mediare con altri partiti dopo le elezioni.
Il vantaggio di una forza trasversale sarebbe appunto quello di offire all'elettorato una "proposta integrata" attrattiva per coloro che non condividono più la vecchia distinzione fra destra e sinistra.
Roberto
Posta un commento