Lo strapotere delle imprese multinazionali è testimoniato non solo dalla circostanza del tutto evidente che esse riescono ad evadere quasi completamente le imposte facendosi beffa degli Stati nazionali, ma dal fatto che, con una sapiente azione di persuasione delle masse ottenuta tramite intense attività lobbistiche e di disinformazione, hanno gradualmente instillato nell’arco di alcuni decenni la convinzione che la globalizzazione sia un bene per tutta l’umanità e che sia inevitabile, convinzione che è durata fino alla crisi economica del 2008. Anche ora che è ormai palese come la prima parte di questa idea non regga perché la globalizzazione ha creato , oltre alla precarizzazione del lavoro, un massiccio trasferimento di ricchezza dalla base al vertice sociale e da occidente ad oriente, resta intatto il mito dell’inevitabilità che, essendo diventato un dogma non discutibile, si sta diffondendo ad altri campi quale, ad esempio, quello delle migrazioni.
Chi si oppone
a questo pensiero unico, di un assolutismo sostanzialmente religioso, è
ridicolizzato come populista, retrogrado, contrario al progresso dell’umanità.
Bisogna
distinguere la globalizzazione, intesa come diffusione planetaria delle idee e
delle merci che è un fatto già avvenuto, dalla globalizzazione intesa come omologazione del pensiero , degli stili di
vita e quindi dei consumi (vero obiettivo dei potentati economico -finanziari)
che è ben altra cosa e che non ha nulla
di progressista. Anzi è la negazione della storia umana fatta di specificità e di
differenze culturali che sono la ricchezza della civiltà. Quindi deve essere
combattuta, non all’interno di ciascuno Stato perché il fenomeno trascende i
confini nazionali ma a livello internazionale,
come tardivamente inizia a fare, sia pure solo sul piano fiscale, l’Europa.
Il pensiero unico della
globalizzazione è figlio del pensiero unico politico (elezioni = democrazia), che è sorto a seguito delle
rivoluzioni settecentesche, americana e francese, in cui le elezioni sono state
scelte come unico sistema di rappresentanza mentre, sia nella Grecia antica,
sia nei Comuni medioevali, esse erano opportunamente combinate con il sorteggio
che, come disse Aristotele “ è
democratico mentre le elezioni sono oligarchiche”. Lo Stato più longevo e più
stabile della storia, cioè la Repubblica di Venezia, durata oltre mille anni,
ha per oltre 800 anni scelto i suoi Dogi con una elaborata combinazione di
sorteggio e di elezioni.
Oggi chi sostiene il sorteggio viene
guardato con sospetto, come chi si oppone alla globalizzazione: il meccanismo che agisce a livello
sociale è sempre lo stesso, cioè quello della delegittimazione. Persino un
giornalista di vaglia, come Aldo Cazzullo, ha definito sul Corriere della Sera
“astrusa” la decisione di Macron di sorteggiare fra tutti i militanti del suo
partito coloro che dovranno eleggerne il Consiglio e non ha sentito il bisogno di motivare questo
suo apodittico giudizio. Gli ho scritto segnalandogli, fra l’altro, che il
ricorso al sorteggio era nel programma elettorale di Macron come in quello di
Melenchon e di altri leader politici essendo la Francia l’unico Paese al mondo
ad averne discusso seriamente in un dibattito politico di alto livello .
E’ ora che
anche in altri Paesi tale dibattito si accenda, tenendo conto che la crisi dei sistemi rappresentativi
puramente elettivi è mondiale e che occorre una scossa che dia ai cittadini la
possibilità di controllare dall’interno le Istituzioni, non limitandosi a
delegare tutto il potere ad un ceto che fa della politica una professione e
spesso guarda più agli interessi della “ casta “ che al bene comune.
Sulla
reintroduzione del sorteggio come uno degli strumenti per la scelta della classe politica e come
complemento delle elezioni sta lavorando, da qualche tempo, l’Associazione
“Forme della politica” che ha deciso di
procedere con gradualità lanciando tramite la sua sezione internazionale
“Improving Democracy” un’iniziativa propedeutica, l’ International Sortition Project,
Essa verrà avviata inizialmente non sul
tema della rappresentanza politica ma su quello della partecipazione dei
cittadini alla valutazione e al miglioramento di opere e servizi pubblici a
livello comunale e consentirà di sperimentare
il “sorteggio qualificato”, dove il termine “qualificato” significa che le
Amministrazioni interessate dovranno valutare se, per attivare un’efficace
collaborazione dei cittadini, occorra verificare anticipatamente il loro possesso di alcuni requisiti di base o se sia
sufficiente integrare le competenze degli stessi durante il processo
partecipativo.
L’associazione
è già in contatto con alcune città italiane di varia dimensione che hanno
accettato, in linea di principio, il progetto e con le quali si stanno
discutendo le modalità di realizzazione ; più avanti si contatteranno città di
altri Paesi europei. Dei progressi
dell’iniziativa darò conto in un successivo post.
1 commento:
In una mail che non riporto integralmente perché contiene anche altre informazioni, un lettore scrive quanto segue:
“A prima vista mi sembra che tu faccia un paragone e metta in relazione due cose diverse e il collegamento non mi è evidente”
Provo a spiegarmi meglio: il collegamento sta nel fatto che sia l’attuale sistema rappresentativo che la globalizzazione sono frutto di una mistificazione, cioè di un falso storico che è stato “venduto” come una verità, per di più indiscutibile. Il sistema rappresentativo puramente elettivo è stato esplicitamente istituito nel settecento, in America e in Francia con un fine dichiaratamente antidemocratico, cioè di attribuire il potere all’elite borghese, escludendo il popolo in generale, che non aveva diritto di voto. Con l’ampliarsi nell’ottocento del diritto di voto, è stata però data al sistema elettivo l’etichetta di “ democratico “ senza cambiare la natura intrinsecamente oligarchica del regime in essere. Col tempo i popoli si sono resi conto della truffa, come dimostra l’astensionismo elettorale che, nei paesi evoluti, riguarda ormai la maggioranza dei cittadini. La crisi della politica sta nel fatto che l’imbroglio è ormai palese.
In questo contesto non stupisce che la successiva falsità ( “ la globalizzazione è un bene per tutti “) sia passata senza resistenze da parte della classe politica, ma anzi con la collusione della stessa. Ora anche questa falsità è stata smascherata.
Per risolvere la crisi politica e governare la globalizzazione occorre dare potere al popolo o con gli istituti di democrazia diretta, come in Svizzera, o con il sorteggio qualificato per portare la voce non mediata dei cittadini nelle assemblee elettive.
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