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domenica 9 settembre 2018

Fine delle ideologie e dell'opposizione tradizionale


Con la seconda guerra mondiale è terminato il fascismo, come ideologia praticata a livello nazionale, con la caduta del muro di Berlino quella comunista a livello  internazionale, e con la crisi finanziaria del 2007 quella liberista a livello globale. La principale conseguenza di tutto ciò è che, nei principali paesi occidentali  la maggior parte dei cittadini  si è liberata degli schematismi preconcetti  per le scelte elettorali e si muove liberamente in tutto, o quasi, l’arco politico per trovare offerte in grado di soddisfare le proprie aspettative.  Una conseguenza di questa fluidità  è che determinate iniziative politiche possono ottenere il consenso, misurato tramite sondaggi, della schiacciante maggioranza dei cittadini, indipendentemente dallo schieramento politico di appartenenza;  basta pensare,  a titolo d’esempio, al provvedimento  del Governo italiano che vieta la pubblicità  per il gioco d’azzardo, che è stato  apprezzato dall’85% dei cittadini.
Dato questo rilevante cambiamento di prospettiva risulta particolarmente stridente e anacronistico il modo, rituale e immutato, con cui le forze di opposizione si esprimono nei confronti delle azioni del Governo in carica: esse si limitano a ripetere in continuazione, come un disco rotto, che tali azioni sono totalmente sbagliate e rovinose per il Paese e che portano l’Italia all’isolamento in campo internazionale. Ciò anche quando i fatti dimostrano inequivocabilmente il contrario, come nel caso della lotta al  traffico di esseri umani e ai soggetti che, volontariamente o meno, lo favoriscono: dopo le iniziative prese dal Governo, in modo deciso, per bloccare tale  traffico, i flussi  migratori  si sono fortemente ridimensionati.  Circa il  rapporto con i partner internazionali, va detto che  l’Europa ha mostrato tutta la sua inconsistenza non riuscendo in alcun modo a far rispettare gli impegni di redistribuzione dei migranti presi solennemente in passato e poi sistematicamente disattesi; ciò è avvenuto anche in occasione della vicenda della nave Diciotti in cui la redistribuzione riguardava meno di 200 persone. A seguito di questa situazione, il Ministro Salvini ha avviato, mediante il colloquio con Orban, un “asse sovranista” che include anche l’Austria e gli altri Paesi del Patto di Visegrad, con l’intento di sfidare, in vista delle elezioni europee del 2019, l’Europa dello “statu quo”. Se questa manovra allontana l’Italia da Paesi come la Francia e la Germania, crea però le basi per una più vasta alleanza che presto potrebbe includere anche Paesi del Nord Europa dove le forze antisistema stanno crescendo. Non si può quindi parlare di isolamento ma semmai  di revisione delle alleanze.
A fronte di  una maggioranza che si muove  in modo spregiudicato, le forze di minoranza dovrebbero fare quanto affermato recentemente dal Segretario reggente del PD Martina “smettere di fare opposizione e produrre un’alternativa”, cioè rinunciare alla semplice contestazione delle iniziative del Governo e proporre un’offerta politica competitiva. Va detto che, per il momento, i commenti del Segretario PD sono ancora di mera contrapposizione (“Governo pericoloso e inconcludente, ci isola in Europa, ecc.”) ma si  attendono iniziative nella direzione da lui auspicata, che è assai opportuna.    
A mio avviso, per risultare competitiva la nuova offerta politica dovrebbe essere:
-         inclusiva, cioè rivolta a tutelare l’intera comunità nazionale e non frazioni di essa; ad esempio, dagli eccessi del liberismo e del globalismo, cioè dalla subordinazione degli interessi collettivi a quelli privati. La tristissima vicenda del Ponte Morandi  di Genova può essere assunta ad esempio emblematico di tali eccessi

-         plurale, cioè capace di fare sintesi fra istanze diverse ma tutte legittime; ad esempio quelle dell’impresa e quelle del lavoro.  La positiva conclusione del caso ILVA,  impostata dal Governo Gentiloni e  completata da quello in carica è un’applicazione di questo principio.

-         riformista, cioè capace di incidere realmente sulle “forme”, ossia sui contenitori attivi che hanno prodotto le inefficienze del passato. La più rilevante è la costruzione europea che è priva di solide fondamenta in quanto il potere decisionale risiede in organi non elettivi e quindi sottratti al giudizio popolare.

-         partecipata, cioè orientata a superare i limiti della democrazia rappresentativa che hanno allontanato i cittadini dalla politica (astensionismo) e da chi la costituisce (sentimento anticasta).

Prendendo ad esempio il PD, che è la maggior forza di opposizione, la situazione è la seguente.
-         Il “fronte renziano” si pone come oppositore assoluto delle forze sovraniste e populiste ed auspica un accordo a livello europeo con Macron

-         Il “fronte antirenziano” (Zingaretti, Franceschini, Orlando) accusa il primo di aver regalato i Cinque Stelle alla Lega ed auspica attenzione all’elettorato grillino e tendenzialmente un confronto dialettico con il Movimento..

-         L’ex  Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, “new entry e battitore libero” del PD, mira a superare rapidamente i riti congressuali per sviluppare una difesa della democrazia liberale, a suo avviso messa a rischio dalle forze di maggioranza.
Le posizioni esposte, diverse fra di loro, sono orientamenti di massima utili ad un posizionamento in vista del congresso nazionale che si terrà agli inizi del prossimo anno, ma richiedono di essere riempite di contenuti per poter rispondere ai requisiti indicati in precedenza.
Va osservato comunque che, dietro a questa diversità di posizioni vi è una interessante convergenza, che potrebbe dar luogo, nel tempo, ad una sintesi fra le diverse impostazioni:  sia Zingaretti che il renziano Del Rio, ex Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, hanno criticato nettamente l’attuale assetto del capitalismo che, a detta di Del Rio, non potrà più essere quello in cui “ l’1% della popolazione possiede ricchezze pari a quelle del restante 99% “e quindi un potere sovrastante a livello mondiale. Una proposta che traducesse tale ipotesi in concrete linee d’azione a livello almeno europeo, risulterebbe altamente inclusiva e riformista,  quindi coerente con i principi segnalati in precedenza  e interessante per la grande maggioranza dei cittadini-elettori.




19 commenti:

Dario Lodi ha detto...

Ho letto. Secondo me, la fine della Seconda guerra mondiale ha determinato la conclusione della mentalità capitalistica industriale per assumere quella finanziaria. Nel secondo caso, i capitali da impegnare sono enormi e vanno a sfruttare la globalizzazione commerciale. Questo spiega una concentrazione di risorse nelle mani di pochi in grado di ricattare le banche. Spiega anche l’aumento dei debiti statali e la trasformazione del denaro da valore assoluto a valore relativo, quasi virtuale. A questo punto esistono due mondi: quello finanziario (primeggiante) e quello sociale (in grave crisi identitaria). Spiega, infine, la pochezza generale dei politici che strizzano l’occhio alla finanza (da cui sono mantenuti) e si barcamenano con la burocrazia, con i diritti generali e personali storicizzati (a parole, ma da difendere a tutti i costi). Nell’immediato non si possono che trovare compromessi con chi fa girare le risorse. Il 1984 di Orwell è dietro l’angolo.



Ciao, Dario

roberto ha detto...

Condivido la tua osservazione sul ruolo primeggiante del captalismo finanziario, cui si deve, fra l'altro, l'enorme concentrazione attuale della ricchezza e il rischio di un futuro orwelliano.
Va detto, però che, come dmmostra la vicenda ell'abuso dei dati personali degli utenti Facebook da parte della Società Cambridge Analytica, la successiva reazione dei mercati che hanno fortemente penalizzato i titolo Facebook e le misure snzionatorie prese dalla Commissione Europea, il potere dei giganti della Silicon Valley può essere messo in discussione (sono dei "giganti con i piedi di argilla").
Bisogna spezzare il rapporto di subordinazione della politica nei confronti della finanza e questo è certamente uno degli obiettivi del movimento sovranista mondialeche si sta ulteriormente espandendo.
Se le forze di opporsizione vogliono essere competitive nel mercato politico non potranno prescindere da questo aspetto su cui si giocheranno in buona parte le future sfide elettorali..
Ciao.
Roberto

Giuseppe Nava ha detto...

Caro Barabino,

sono stato a un negozio della lega dove un certo Visponetti e suo collaboratore parlava della flat tax.

60 miliardi di mancate entrate il primo anno... poi però dicevano che i maggiori consumi in soli 5 anni avrebbero annullato queste mancate entrate, anzi ..... !!!!

Eccepisco che i mercati si sarebbero spaventati e che l'estero non avrebbe più acquistato debito italiano.

Risposta : il debito acquistato dall'estero è di "soli" 300 miliardi.

Ho controllato: il debito in mano estera è di 730 miliardi.

Allora dove vogliamo andare? Un uomo di punta della lega a contatto con Siri non sa neanche quanto debito viene acquistato dall'estero !

Siamo allo sbaraglio.

beppe nava

Franco Puglia ha detto...

La politica italiana nel suo complesso è VUOTO PNEUMATICO di cultura e di idee.
In genere il vuoto viene facilmente riempito, ma se attorno c'è il vuoto ...

Il ruolo della Finanza viene sopravvalutato.
Il ruolo delle imprese e del mercato viene invece sottovalutato.
La finanza è soltanto un "parassita" del mondo della produzione, il cui scopo è produrre un valore fittizio (rendita finanziaria) che viene prodotto grazie alla presenza del mondo reale della produzione di beni e servizi.
Se il mondo della produzione guadagna la finanza guadagna; se perde, la finanza perde.
La concentrazione della ricchezza è un fatto concreto, ma non deve distorcere il pensiero consapevole.
Supponiamo,in astratto, che io possieda TUTTA la ricchezza del mondo, cioè che il 100% del capitale di tutte le imprese del mondo sia MIO.
E allora ? Cosa cambia nella vita di tutti i giorni delle persone ? Nulla, se non in chiave di potere, cioè del MIO potere di decidere che cosa fare di una impresa oppure di un'altra, cioè cosa produrre e cosa NON produrre.
A bocce ferme, però, i miliardi di persone che NON possiedono nulla (è tutto mio) si distribuiscono il reddito secondo le leggi della domanda e dell'offerta, ed in funzione delle REGOLE che determinano gli scambi, più o meno liberiste o protezionistiche su scala mondiale.
Le distorsioni che vediamo ogni giorno sono il frutto di queste REGOLE e del valore che noi tutti diamo alle cose, quando andiamo a vedere una partita di calcio e consentiamo col nostro contributo che un calciatore abbia un reddito milionari, allo stesso modo in cui quando assumiamo comportamenti di massa in cui milioni di persone contribuiscono con 1 cent al reddito di un soggetto convogliamo in quel soggetto una massa di reddito abnorme.
Non è di questo che dobbiamo preoccuparci, ma della POLITICA e del POTERE e della sua indipendenza da qualsiasi potere economico, cosa possibile solo e soltanto se la politica fa dipendere il suo potere dalla volontà informata e consapevole dei suoi cittadini.











roberto ha detto...


Caro Beppe,

la Flat Tax è, a mio avviso, uno dei punti più deboli del nuovo Governo giallo verde e della Lega in particolare, che l'ha proposta: l'ipotesi che il taglio di 50 miliardi delle entrate fiscali possa essere compensato in cinque anni dalle imposte sugli acccresciuti consumi è molto azzardata e improbabile, come dimostra la prudenza sopraggiunta, anche per merito del Ministro Tria, ora che si tratta di stendere il piano di finanza pubblica.
A voler essere benevoli nei confroni del relatore da te citato, possiamo dire che forse ha confuso 30 (la percentuale del debito italiano in mano agli stranieri) con 300 (la cifra da lui impropriamente indicata come ammontare). In ogni caso l'impressione è proprio quella dello sbaraglio.
Roberto

roberto ha detto...

Rispondo a Franco Puglia:

Nell'ipotesi che tu fai (una sola persona possiede tutte le richhezze del ondo) ci sarebbe un solo decisore che detterebbe le regole cui tutti gli altri dovranno soggiacere:
E' un'ipotesi non lontana da ciò che è avvenuto in realtà quando l'1% delle popolazione mondiale ha deciso, ad esempio, che per aumentare i suoi profitti bisognava smantellare il welfare state occidentale e trasferire le produzioni nei paesi a più basso costo del lavoro oppure, altro esempio, impacchettare prodotti derrivati in veicoli finanziari ad altissimo rischio venduti a investitoori e risparmiatori di tutto il mondo, che hanno poi portato al collasso della Lehman Brothers nel 2008 che ha avviato la megacrisi finanziaria e poi anche industriale.I nessi fra poetere industriale e potere finanziario sono tanti e assai stretti.

Convengo con te che la politica deve cercare di liberarsi dalla dipendenza dai poteri economici di qualsiasi tipo e l'unica strada possibile è, nell'attuale faase storica, è un sovranismo ben temperato" che significa appunto riassunzione del potere da parte dela politica enon, come dicono coloro che vi si oppongono, alzare muri e steccati.


Giuseppe Maria Greco ha detto...

Concordo sui punti che hai individuato e che meritano di trovare punti di programma che li esprimano concretamente.

Il terzo punto, in particolare, può essere sviluppato tenendo presente che la crisi dei cittadini europei (e non solo) nei riguardi dei rappresentanti “di sinistra” non riguarda soprattutto ciò che stanno facendo per affrontare la crisi, ma il fatto che le risposte da loro indicate non appaiono ai cittadini rassicuranti e propositive, mentre quelle di destra, come ho scritto nel post Fbook che segue, sono capaci di puntare l’occhio sui presunti colpevoli della situazione di inidentità attuale autoassolvendo la collettività dalla cattiva coscienza di non aver “processato” la situazione tanto da dichiararli con certezza colpevoli.

Occorre cioè un progetto che renda la verità tangibile e non angosciante.

Includere implica non escludere, quindi accettare, se non il conflitto, almeno la diversità degli interessi di parti distinte della società. La partecipazione può lenire questa tensione, ma non è detto che riesca a superarla.

Occorre dunque un progetto capace di ammettere il rischio e la correzione e che guidi partecipazione e inclusione.

Non so se questo implichi la costruzione di un sistema tanto onnicomprensivo da costituire un’ideologia. E’ certo però che un progetto non sfugge a una visione interpretativa particolare.

La domanda dunque diventa: è possibile superare le diversità di visione al punto da creare, superando le storiche ideologie di parte, un’ideologia onnicomprensiva, che consenta pari diritto a quella delle due parti che si trova in minoranza di avere uguale diritto di espressione e di contare sulle decisioni della maggioranza?

Ma occorre anche chiedersi se è possibile, nella società attuale, ostacolare tutti i tentativi di acquisire la maggioranza a prescindere dalla parte concorrente, cioè in modo “populista”?

GMG


(il post facebook citato viene publicato nel successivo commento)

Giuseppe Maria Greco ha detto...

Post Fbook:

“Cos'è, Salvini? La domanda è corretta, perchè non avrebbe senso, anzi sarebbe ingiurioso verso se stessi chiedersi chi è. Comunque con uno sforzo, rendendomi cioè simile a lui nel dichiarare inumani gli altri e però superandolo nell'ammetterlo nel comune consesso, mi chiedo da dove provenga questa sua improvvisa vena rivoluzionaria. Perchè è da duce trascinatore ogni sua frase contestatrice della magistratura, che addita come rea usurpatrice in quanto occupa posizioni di potere senza che nessuno ve l'abbia mai eletta. Certo, anche lui non è mai stato eletto ministro dell'interno, ma la fiducia espressa dal popolo italiano nella sua minoranza di votanti è chiara: qualunque incarico egli assuma è sostenuto dall'applauso corale. Ma non basta. Anche i suoi partner di governo gli fanno seggiola con le braccia intrecciate. Perchè l'idea di democrazia diretta, priva com'è presso di essi di una visione entro cui promuoverla e di un progetto generale in cui inquadrarla fattivamente per poterne verificare i progressi, finora non ha avuto effetto diverso dallo sfiduciare per principio tutto ciò che è democrazia rappresentativa e divisione dei poteri intesa costituzionalmente. Così che Salvini, ad onta del suo essere responsabile dei diritti civili, tra cui sono compresi quelli di asilo e di religione, può ad un tempo ridare vita all'ormai sopito fastidio berlusconiano nei confronti della divisione dei poteri, che colui che fu Cavaliere vedeva miticamente tutti riuniti nella sua persona, e confortare il popolo, insonnolito dall'impotenza vanagloriosa dei partner di governo che non hanno mantenuto il vigore della rottamazione, con rassicurazioni la cui eco così risuona: rimanete come siete, caldi e oppressi, arrabbiati contro il nemico-che-non-c'è per sentirvi migliori di lui senza bisogno di affrontarlo, sicuri di potere ogni giorno continuare ad arrangiarvi senza obblighi di regole comuni, perchè ad affrontare tutte le spiacevolezze che vi angustiano ci pensa il maschio ruggente, quello che le femministe comuniste hanno schiacciato sotto il tacco delle loro scarpette.

Abbiamo quindi compreso che questo uomo di governo è più di questo: è anche un non uomo di governo. E' un essere in dibattito continuo con se stesso, specchio di sé contro specchio di sé, immagine contro immagine, la cui origine di sostanza è impercettibile e quindi priva di responsabilità.

Salvini è il talismano della comune autoassoluzione.

Quale ministro dell'interno, a parte il confessore, può rimettere in pace le coscienze meglio di lui?”

roberto ha detto...

Penso anch'io che la crisi delle sinistre in Europa sia dovuta al fatto che le sue proposte sono ritenute poco rassicuranti e propositive. A mio avviso ciò è dovuto a due fattori: le sinistre sono passate dalla tutela delle fasce deboli all'intesa con i più forti e le prime si sono sentite tradite inoltre le fasce deboli sono enormemente aumentate ricomprendendo molte categorie economiche e sociali che in passato stavano dall'altra parte.Il tema dell'autoassoluzione che hai citato ha certamente avuto un ruolo, ma non credo che spieghi totalmente il successo delle forze cosiddette "populiste e sovraniste" che si sono distinte per una maggiore attenzione al disagio dei più e per un maggiore pragmatismo.
Le sinistre devono capire che lo schema tradizionale ""destra/sinistra" è superato e che le ragioni delle minoranze vanno rispettate senza pretendere di farle sistematicamente prevalere su quelle della maggioranza.

GMG ha detto...

Certamente. L'autoassoluzione però ha a mio avviso una valenza maggiore proprio per quanto riguarda l'attenzione al disagio. Essa infatti conduce le persone su una falsa strada che non risolverà il disagio proprio perchè di fatto non lo affronta in termini materiali. Anzi, essa prevede una continuità del disagio e la necessità di ulteriori autoassoluzioni. Dunque a mio avviso il problema della sinistra è quello, molto difficile, di tracciare, a partire ovviamente dai problemi sentiti dalle persone, un cammino verso la realtà sia dei problemi stessi che delle soluzioni. La difficoltà sta nel far uscire le persone dalla nebbia che le inghiotte da anni per far loro ammettere la disponibilità a quelle soluzioni (non quelle che DiMaio scalda col termine "cambiamento"). Politicamente è un problema significativo, perchè il cammino occorre che sia tracciato da qualche escursionista, cioè da ricercatori come noi e da amministratori locali insieme alle persone, coagulati nelle esperienze da partiti in grado di promuoverle.

Circa la distinzione destra-sinistra, è chiaro che, per quello che diciamo tutti, non è rappresentata politicamente da nessun partito proprio perchè il passato non è più utile a costituire una visione adeguata ai tempi. Però la richiesta di qualcosa che riempia di significato quei termini esiste ed è forte, basta osservare la forza che la destra estrema assume in Europa.

roberto ha detto...


Condivido la tua riflessione e la proposta di una collaborazione fra diversi tipi di "escursionisti": noi ci siamo, bisogna trovare gli altri.

Unknown ha detto...

Credo proprio che con le quattro dimensioni ( Proposta inclusiva, plurale, riformista, partecipata) tu abbia messo a fuoco il problema.

Ma come mai fa un'opposizione a organizzare una manifestazione contro un governo che vuole mandare a quel paese chi ha lasciato che il ponte crollasse, che vuole chiudere le concessioni che hanno rubato si cittadini, che chiude gli sbarchi che la gente non ne puó piú di pagare per persone che ciondolano in giro senza far niente rubando e stuprando, che manda a quel paese le agenzie di rating che son state la scusa per permettere alle banche di lucrare abbondantemente, che manda a quel paese l'ONU che tutti son d'accordo nel valutarlo come un carrozzone di ruberie varie, che vuol chiudure i negozi la domenica che la gente non ne puó piú di dover andare a lavorare in qualunque momento?
Come si fa a manifestare contro un governo le cui molteplici e incisive esternazioni incontrano il sentimento popolare, aizzando il "Sotto" contro il "Sopra", sdoganando come metodi ordinari di relazione l'aggressivitá, la faciloneria, l'esser forcaioli verso il nemico di turno?

I nostri populisti pensano che cosí si difenda l'interesse del Popolo: spaccando il Paese, spaccando l'Europa e magari giá che ci siamo spaccando anche l'Onu; che cosí si riescano a smontare esistenti posizioni di favore che danneggiano cittadini e Stato; che cosí si riesca a resistere meglio alle aggressioni commerciali di Trump che vuol portare negli USA il lavoro che adesso è in Europa e della Cina che vuol difendere le sue azienda a scapito delle nostre.

Ecco: l'opposizione dovrebbe convincere il Paese (sia il "Sotto" che il "Sopra") che la sua proposta inclusiva, plurale, riformista, partecipata sia piú efficace di quella dei Populisti sia per il "Sotto" che per il "Sopra". Ma col metodo del rispetto, perché magari alcune delle idee dei populisti sono giuste e vanno riconosciute.

Ps.: penso anch'io che davvero alcune delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni di un tempo siano state pensate proprio male e non nell'interesse di cittadini ed utenti.

roberto ha detto...

Nella prima parte del tuo commento citi alcune azioni del governo che sembri condividere (es: mandare a casa chi ha lasciato che il ponte crollasse) ma poi ne stigmatizzi l'approccio che sdogana "come metodi ordinari di relazione l'aggressivitá, la faciloneria, l'esser forcaioli verso il nemico di turno"..
Convengo che i modi siano speso impropri ma non condivido l'idea che i cosiddetti "populisti" vogliano spaccare il Paese,l'Europa e l'ONU. A mio avviso vogliono cambiare le regole di un gioco iniquo che ci ha indubbiamente panalizzati
Basta pensare a come è stat gestita in passato la questione dell'immigrazione con i precedenti governi che hanno colpevolmente accettato e stimolato flussi spropositati senza aver la benchè minima idea di cosa fare delle centinaia di migliaia di mmigranti accolti e che di fatot, anche se non volutamente, hanno favorito la criminalità estera e nostrana che ci ha assai lucrato; con l'Europa che è rimasta a guardare e con l'ONU che ci faceva e ci fa le prediche antirazzste.
Le opposizioni potranno produrre una proposta competitiva solo se rivedranno a fondo i presupposti ideologici che ancora le condizionano e impediscono loro di capire le attese dei cittadini







Che il governo gialloverde riesca nel suo intento è tutto da dimostrare


Unknown ha detto...

Caro Roberto, sono contento che tu veda lati positivi nella situazione, anch'io vedo la possibilità che vecchie incrostature siano rimosse.

Peró ricordo che, ad esempio, le leggi razziali del '38 furono accolte senza reazioni perché precedute da una lunga campagna denigratoria organizzata dal regime e, come sai, le cose dette e ridette mille volte alla fine diventano vere.

Anche noi viviamo una stagione di feroci campagne denigratorie che durano da diversi anni e questo, per i motivi testé detti, mi fa paura.
Mi sta bene che una minoranza usi linguaggi aggressivi e denigratori per far sentire il suo messaggio, evviva il pluralismo.

Ma non mi sta bene che quel linguaggio sia usato da figure istituzionali, che dovrebbero costruire, anche magari cambiando le regole del gioco, ma non aizzare contro pezzi della societá.

Magari oggi le regole della miglior comunicazione politica sono cambiate, ma io sono rimasto ancora a quando, parlando proprio di comunicazione politica, sostenevamo come il rispetto ne fosse un aspetto essenziale.

roberto ha detto...


Caro Giorgio,

il rischio che paventi è reale e quindi bisogna vigilare saugli sviluppi della comunicazione politica, soprattutto delle figure che ricoprono ruoli istituzionali.
Tuttavia, bisogna anche considerare il fatto che l'aggressività verbale non è una novità perchè ha accompagnato tutta la seconda repubblica, in cui era finalizzata a "distruggere l'avversario" (soprattutto Berlusconi). In questa nuova fase l'aggressività dei gialloverdi è finalizzata piuttosto a mettere fine alla tremenda stagione del "politicamente corretto" che aveva messo il bavaglio alla pubblica opinione. Il parlare chiaro e duro di Salvini e in parte di Di Maio,ha avuto perla pubblica opinione un effetto liberatorio nel senso che ora c'è qualcuno che dice pane al pane e vino al vino, senza infingimenti ideologici che giustificavano ogni forma di devianza sociale ed economica come frutto di fattori esterni ed incontrollabili. Il governo vuole dimostrare che, se c'è la volontà politica, i problemi possono essera ffrontati e risolti. Il consenso alla sua azione, misurato dai sondaggi a circa il 62% degli elettori, indica che gli italiani apprezzano il tentativo di cambiare lo statu quo.

Matteo Zambelli ha detto...

Provo a dire la mia in merito; e come al solito provo a spostare il baricentro della discussione.
Nel tuo “articolo di fondo”, Roberto, metti in risalto alcuni aspetti globali economico-politici che potrei definire “storici”. Fine delle ideologie, cambio di paradigma, crisi dei sistemi ecc. Vorrei far notare che, dal punto di vista globale, l’Italia è nient’altro che la “periferia” dell’UE. L’UE sta diventando la “periferia” del continente Europa; dove al contrario Russia, Turchia e Germania stanno riacquisendo i ruoli egemonici che la storia già attribuiva al Kaiser, allo Zar (stranamente entrambe le parole derivano dalla parola “Caesar”, Cesare, inteso come imperatore) ed alla Turchia, che rinnova le sue antiche mire di protagonismo “ottomano”. Aggiungo che l’Europa inizia il suo declino (politicamente e militarmente dal 1956 – Crisi di Suez) e diventa periferia del mondo, rispetto al crescente ruolo dell’Asia (Cina-India), al tentativo di mantenimento di egemonia statunitense e russa. Per fare una provocazione riassumo, dicendo che L’Italia è la periferia della periferia della periferia. Detto questo, e detto con un pizzico di umiltà che manca alle analisi politiche della nostra classe dirigente, le nostre “beghe” di politica interna dovrebbero avere un po’ di ridimensionamento. Come giustamente dicevi, Roberto, Destra e Sinistra non si differenziano più presentando differenti modelli di sviluppo (ideologia comunista vs. ideologia capitalista). NON ci si contrappone più su quali siano i problemi dell’Italia, ma su quali dei problemi (condivisi nelle analisi di tutti i partiti) debbano ricoprire ruolo prioritario nell’agenda di Governo. Nessuno nega il problema della disoccupazione o della difficoltà di integrazione dei migranti, o dell’inefficienza dell’UE. Alcuni “spacciano” la soluzione delle prime due affrontando la terza come priorità (No EU – no Euro); altri indicano nel rafforzamento della terza la soluzione delle prime due.
Riassumendo: la politica, quella che volendo ci piacerebbe scrivere con la P maiuscola, si gioca su scenari e su terreni di “gioco” diversi dalle nostre piccolezze tra partiti; con uso ed abuso di propaganda e populismo. A noi italiani ci rimane un decorosissimo ed estremamente concreto confronto sull’efficientamento si “sistema”. Burocrazia, economia, giustizia, fisco, scuola, calo demografico, tutela del territorio e del patrimonio artistico…
In questo caso la politica nostrana dovrebbe evidenziare CHI meglio degli altri è in grado di efficientare la condizione contingente.
Temo per la risposta che l’elettorato ha dato e sta dando.

roberto ha detto...

Lo spostamento degli equilibri di potere a livello mondiale ed europeo, da te delineato , ridimensiona indubbiamente il ruolo del nostro Paese in entrambi i contesti,ma trova un contrappeso nella crisi del sistema turbocapitalista, i cui principi (liberalismo spinto e globalizzazione “a prescindere”) si sono ormai rivelato socialmente e politicamente insostenibili. In questo ambito l’Italia- può dire la sua essendo il primo paese occidentale dove è andata al potere una coalizione dichiaratamente antisistema (negli USA invece c’è un Presidente antisistema che conta sull’appoggio popolare ma è inviso a larga parte del suo partito).
Ovviamente i dubbi sulla capacità del governo gialloverde di portare avanti le proprie aspirazioni sono elevati, dati anche i vincoli oggettivi (debito publico altissimo, difficoltà di realizzare la spending review e la lotta all’evasione fiscale, ecc,) che riducono i margini di manovra dell’esecutivo. Tuttavia non si può negare che, alle prossime elezioni europee il peso della coalizione gialloverde potrebbe avere un ruolo significativo nel modificare l’attuale maggioranza fra popolari e socialisti, anche perché fra i primi è presente un paladino antisistema come Orban. La partita è tutta da giocare e l’esito è incerto, ma il nostro esecutivo si farà sentire. E’ questo, fra l’altro, il motivo principale per cui il governo durerà e reggerà agli attacchi scomposti delle opposizioni, che non hanno elaborato una strategia a livello europeo, limitandosi a formule vuote come il dire “ci vuole più Europa”:
Circa i problemi nazionali, non mi pare che la diagnosi sia condivisa da tutti i partiti: ad esempio, sull’immigrazione, il PD ha largamente sottovalutato le difficoltà di integrazione e sulla difesa del territorio, che incontrerebbe un grande consenso popolare, la sottovalutazione ineste tutti i partiti, anche quelli di maggioranza.

Matteo Zambelli ha detto...

Senzadubbiamente, direbbe Cetto, il PD ha fatto finta di non vedere il disagio. Dalla sua negazione dei problemi parte la sconfitta; ma aggiungerei anche da un concetto politico-filosofico che, se espresso e sviluppato, porta ad un vero e radicale (ed ereticale) cambio di paradigma. l'UGUAGLIANZA, alla base del concetto di Giustizia, da Rawls fin “giù” a Russeau (il filosofo, mica la piattaforma grillesca) ha in qualche modo instillato l’idea identitaria tra uguaglianza e giustizia. Questo concetto resta basilare per le politiche di sinistra. Con questo pre-giudizio arriviamo agli estremi per cui una Boldrini si ritiene “nel giusto” quando comizia una Italia totalmente aperta all’immigrazione; così come per lo stesso motivo storicamente le confederazioni sindacali proteggono e sostengono un lavoratore dipendente che non fa nulla, o che truffa sull’orario, per il SOLO motivo di essere UGUALE ai “proletari di tutto il mondo (unitevi!)”; così come un giudice evita o procrastina uno sfratto ad un affittuario “moroso” a danno di un bieco sfruttatore capitalista PADRONE di proprietà private. Il rifiuto di una società MERITOCRATICA e quindi competitiva e basata sulla DISUGUAGLIANZA dei talenti, delle abilità, delle capacità, della determinazione ed eventualmente dei redditi e del benessere (ma MAI nella dignità della persona!) è assolutamente figlia di quel pre-giudizio ideologico. Oggi vengono premiate quelle forze politiche che, facendosi interpreti della “mediazione emozionale” dell’elettorato, propongono una “uguaglianza per cittadinanza” ed una disuguaglianza su base cultural-comportamentale. Prima gli Italiani (che sono uguali tra loro) è la versione tricolore dell’“America First” di Trump (che poi ha copiato da Monroe e dal suo “l’America agli americani”). Il retaggio che relega le politiche “storicamente” di sinistra all’angolo, ovunque ormai, sono anche “figlie” di questa ideologica primogenitura. Chi invece, a destra, propone uguaglianze “relative” (la Lega nasce per l’UGUAGLIANZA dei “padani” e per l’autodeterminazione di una realtà geografica inesistente!), in Italia come in Austria (passaporto austriaco per gli italiani di lingua tedesca) o nell’Ungheria di Orban, introduce cmq un elemento di “disuguaglianza” (ovvero chi non condivide la caratteristica pesa come discriminante). La Sinistra ed il PD in Italia, ma tutte le forze socialdemocratiche del mondo, dovrebbero avviare un confronto interno per valutare il principio identitario di Uguaglianza=Giustizia. Temo che al momento non ci siano sufficienti “teste pensanti” in grado di sviluppare questo compito.

roberto ha detto...

Condivido l'idea che le persone siano uguali per dignità e debbano diventarlo per opportunità, ma che si distinguano per meriti, capacità e impegno. Far convivere queste due dimensioni trovando il giusto equilibrio fra inclusione e differenziazione è il compito della politica con la P maiuscola: fermarsi ad una sola delle due opzioni significa diffondere ingiustizia.