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venerdì 14 giugno 2013

Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti


Nel recente post “Il riscatto della politica”  del 25 maggio u.s. ho espresso apprezzamento per l’annuncio fatto dal Presidente del Consiglio di un accordo politico fra le forze di maggioranza mirante ad abolire il finanziamento pubblico ai partiti.
Diversi lettori mi hanno scritto esprimendo perplessità per un’iniziativa che era soltanto una dichiarazione ma a cui mancava un substrato concreto.
Quando poi è uscito il disegno di legge, non solo i miei lettori ma anche quelli dei quotidiani e molti opinionisti hanno manifestato forti dubbi anche in relazione a diverse ambiguità del testo. Il punto che ha maggiormente sollevato l’attenzione e la preoccupazione era l’ipotesi che, in caso di mancata scelta dei cittadini in merito alla destinazione del 2 per mille, questo venisse ripartito comunque fra i partiti  ( analogamente a quanto avviene per l’8 per mille in rapporto alle comunità religiose).
A seguito di tali rilievi il Governo ha chiarito che la norma è da intendersi nel senso che, in caso di mancata scelta, le somme residue torneranno allo Stato. E’ stata anche data informazione di un massimale  indicativo di 61 milioni di euro, non espressamente indicato nel disegno di legge ma da approvare in Parlamento.
Questo chiarimento non ha però placato  del tutto le polemiche sia nell’opinione pubblica, sia all’interno dei partiti.
E’ stato osservato da varie parti che, comunque, anche la scelta dei cittadini di offrire il 2 per mille ai partiti costituisce un aggravio per le finanze dello Stato perché le somme a ciò destinate sono sottratte ad altri impieghi.
Devo dire che, mentre condivido la precedente obiezione sulla ripartizione del 2 per mille, quest’ultima non mi convince affatto perché può essere, ed anzi dovrebbe essere,  mossa anzitutto all’ 8 per mille e al 5 per mille che implicano la sottrazione di ben maggiori risorse. Capisco che le Chiese o le Onlus siano più ben viste dei partiti, ma ciò non basta ad escludere questi ultimi da volontarie donazioni dei contribuenti. Se vi sono motivi validi per sostenere certe istituzioni  con il gettito Irpef, lasciando ai cittadini di decidere se dare o meno tale sostegno, questa possibilità non può essere negata ai partiti. A  meno che l’obiettivo perseguito sia l’eliminazione degli stessi, che qualcuno può  legittimamente auspicare ma che non può chiedere ai parlamentari di attuare ( vale al riguardo  il detto popolare “il tacchino non prepara il pranzo di Natale in cui verrà servito in tavola”).
 Va detto, inoltre, che non esiste alcuna  possibilità concreta di passare dal finanziamento pubblico a quello privato se quest’ultimo non è in qualche modo incentivato e ciò inevitabilmente comporta un onere per le finanza pubbliche. Ad esempio anche  nella proposta presentata, sia al Senato che alla Camera,  da diversi parlamentari  “renziani” del PD notoriamente favorevoli ad abolire il finanziamento pubblico sostituendolo con microdonazioni volontarie , si prevede di “riconoscere ai cittadini che facciano donazioni ai partiti  un credito d’imposta pari al 40% del contributo versato con un massimo di 10.000 euro”. La mancanza totale di incentivi  porterebbe a un gettito irrisorio e non darebbe soluzione al problema in discussione.
Un altro aspetto che è stato criticato è il fatto che l’abolizione non sia immediata ma graduale, per essere completata  nel 2017. Anche questa obiezione non mi convince perché l’immediata abolizione dei finanziamenti comporterebbe l’altrettanto immediata dismissione di tutte le strutture partitiche e la messa in cassa integrazione dei dipendenti, sempre a carico dello Stato. Inoltre ciò indurrebbe i partiti a cercare a qualunque costo grandi finanziatori privati, non essendo pensabile di avere in tempi brevi un adeguato supporto tramite micro donazioni  dei cittadini e ciò comporterebbe il rischio di appaltare completamente alle lobby la politica nazionale.
Se vogliamo affrontare seriamente e razionalmente la questione e non in base a viscerali impulsi rivolti alla distruzione delle forze politiche, non si può non accettare un principio di gradualità.
I miglioramenti che possono essere suggeriti in vista della discussione parlamentare del disegno di legge sono, a nostro avviso, i seguenti:

-          Equiparare le detrazioni d’imposta per le donazioni ai partiti politici a quelle destinate alle onlus onde evitare una sgradevole discriminazione a vantaggio dei primi

-          Stabilire un tetto alle donazioni private, che oggi manca, per evitare quanto paventato in precedenza, cioè il prevalere delle lobby, e prevedere la pubblicazione online, accessibile a tutti i cittadini, dei contributi superiori ad un certo importo

-          Inserire nella legge norme pregnanti per la regolamentazione delle lobby, garantendo l’assoluta trasparenza delle relative informazioni

-          Vincolare l’uso agevolato di strutture pubbliche per svolgervi attività di partito alla preventiva ricognizione degli ingenti patrimoni immobiliari di proprietà dei partiti o di fondazioni riconducibili, direttamente o indirettamente, a esponenti degli stessi, subordinando tale uso alla certa mancanza di alternative


-          Garantire il controllo analitico dei bilanci, escludendo esplicitamente i controlli a campione, da parte della Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici

-          Stabilire pesanti sanzioni per le società di revisione in caso  di irregolarità nelle attività di controllo a loro delegate

-          Eliminare i contributi ai Gruppi parlamentari e ai consigli regionali, fatta eccezione per le spese documentate, con massimali da definire. Eliminare la prassi inaccettabile dei rimorsi forfettari

-          Pubblicare  online i dati relativi ai finanziamenti e alle altre agevolazioni previste dalla legge in modo chiaro, comprensibile a qualunque cittadino, e accessibile da tutti.

I partiti, di maggioranza e di opposizione che si apprestano a discutere il disegno di legge devono tener conto che l’attenzione dell’opinione pubblica su questi temi è altissima e che eventuali “furbate” saranno pesantemente punite dal corpo elettorale che, come anche le recenti elezioni amministrative hanno dimostrato, non esita a cambiare drasticamente le proprie scelte a seconda del comportamento, più o meno costruttivo dei partiti.
Le forze politiche sono quindi  di fronte ad una prova determinante per recuperare credibilità agli occhi degli elettori.
Questo documento sarà fatto pervenire, oltre che a cittadini, giornalisti e opinionisti, singolarmente a ciascun membro del Parlamento.



10 commenti:

Laura Banchelli ha detto...

Apprezzo come sempre il tuo impegno ed il tuo punto di vista.Vorrei aggiungere alle tue riflessioni ,anche quella sulla annosa quaestio della legge elettorale.nell'intervista fatta di recente (nel corso di BALLARO',mi pare)all'illustre politologo Sartori,alla domanda"....ma secondo Lei e' vero che una nuova legge elettorale non si potrebbe fare in tempi brevi ?" la risposta e'stata " non e' affatto vero,...le riforme istituzionali NON sono legate alla modifica della legge elettorale,che potrebbe essere fatta subito,se ci fosse VERAMENTE la comune volonta' di farla". Detta da un simile luminare,la cosa fa riflettere...buone vacanze!

roberto ha detto...


Credo proprio che Sartori abbia assolutamente ragione.
I motivi per cui si tarda sono, a mio avviso, due:
- il tentativo di ciascuna parte di non perdere opportunità dal cambiamento di sistema

- l'insistenza del PDL di legarla alle rifome istituzionali per superare l'attuale debolezza dell'esecutivo. C'è, in questo, un pò di strumentalità berlusconiana, ma c'è anche del vero.

A mio avviso, comunque, il Parlamento riuscirà a varare la riforma entro la durata dell'attuale Governo: malgrado i partiti abbiano dimostrato una buona dose di masochismo, non credo arrivi al punto da farci andare alle prossime elezioni con il porcellum.

Buone vacanze anche a te.

Roberto


Dario Lodi ha detto...

Sono d'accordo con il post come terapia d'urto. Nel breve non penso sia realizzabile, ma questo, al momento, è un altro discorso.

Dario

roberto ha detto...


Ho cercato anzitutto di vedere il positivo del provvedimento, che è certamente maggiore di quanto i suoi critici sono disposti ad ammettere, ma poi ho fatto una serie di proposte di miglioramento certamente impegnative. Esse segnalano la forte attenzione al tema e la richiesta al Parlamento di tener conto dell'aspettativa di una forte discontinuità rispetto al passato.
Roberto

Dario ha detto...

Credo valgano la tua segnalazione e il tuo impegno etico. Nel breve non vedo grande discontinuità rispetto al passato, neppure se si usasse il lanciafiamme. Il sistema è marcio. Ergo va bene qualunque reazione, ma dobbiamo avere pazienza e lucidità, realismo.

Dario

roberto ha detto...


Secondo me Letta fa sul serio, anche se è molto frenato dalla sua "strana maggioranza".
Dobbiamo insistere affinchè alle parole corrispondano i fatti e si produca la necessaria discontinuità .
Roberto

manrico tropea ha detto...

E' davvero un ottimo lavoro ispirato ad equilibrio e buon senso, che se fossero più presenti consentirebbero la soluzione rapida di tanti problemi.
manrico

roberto ha detto...


Grazie dell'apprezzamento.
Cerco, per quanto posso, di valutare le cose non in base a pregiudizi, ma ai fatti.
Roberto

Dario ha detto...

Il guaio è che il potere della politica, per quanto attiene la realtà interna del Paese, è eccessivo. Fa e disfa, cela e manipola a suo piacimento le cose.
Le valutazioni che fai sono astrazioni (prestigiose) se non si cambiano le regole del gioco. Cioè se non si mette mano alla serietà del fare politica. Il buon cittadino controlla, commenta, ma scarsamente si cura dei fondamentali, cioè del sistema che non si muove secondo principi quanto interessi di pochi. E' questa una cantilena che vale la pena ripetere perchè troppi sono i sordi in giro, sordi volenti o nolenti.

Dario Lodi

roberto ha detto...


Ma chi cambia le regole del gioco se non il popolo?
Le regole si cambiano comportandosi eticamente e "costringendo" gli altri a fare altrettanto.
E' quello che cerchiamo di realizzare, incalzando la politica su questioni concrete.
I principi si affermano nel fare, non nel dire.
Roberto