Credo che se
uno straniero leggesse le parole di fuoco dette da Rodolfo Sabelli,
Presidente dell’ANM, a proposito del recente decreto sulla responsabilità
civile dei giudici si domanderebbe se i magistrati chiamati a rispondere dei loro atti saranno
giudicati da una corte fatta da politici, casta che notoriamente si contrappone alla loro, oppure da comuni cittadini esacerbati da ingiuste sentenze. Quando gli venisse
spiegato che saranno altri giudici ad esprimersi, non potrebbe esimersi dal
pensare “ma sono proprio strani questi italiani!”.
L’autogol
dell’ANM sta nel fatto che il rifiuto di sottostare alla legge dimostra, in
modo inequivocabile, tre cose:
-
che
i magistrati non si fidano degli altri
magistrati, nel caso capiti a loro di essere chiamati in giudizio
-
che
se si comportano così non possono pretendere che i cittadini accettino una
sostanziale insindacabilità del loro operato
-
che
continuano a fare politica in modo
sconsiderato: invece di applicare con coscienza , come il loro ruolo prevede,
le norme approvate dagli organi legislativi,
fanno i contestatori delle leggi come se fossero giovani studenti
che si ribellano ai loro insegnanti e lo fanno con argomentazioni spesso avventate, parlando di “giustizia di classe”
(tipico linguaggio da contestatori) o di “scarsa attenzione alla fasce deboli”,
quando invece la norma della responsabilità civile è sentita dalla grande
maggioranza dei cittadini come la possibilità di mettere un freno alla malagiustizia
A proposito
di malagiustizia, il caso più eclatante nella storia giudiziaria italiana è
stato quello del famoso presentatore televisivo Enzo Tortora che venne condannato per uso e
spaccio di droga sulla base di dichiarazioni false e non riscontrate di un
delinquente e che venne portato a morte da questa vicenda. Solo 30 anni dopo l’allora procuratore Diego
Marmo, che aveva incriminato Tortora definendolo “uno spregevole mercante di
morte” ha riconosciuto il suo errore e lo ha detto pubblicamente. L’emozione
suscitata da questo caso portò ad un referendum in cui la quasi totalità dei
votanti si espresse a favore della responsabilità civile dei giudici che venne
poi affermata, sia pure in termini insoddisfacenti,, dalla Legge Vassalli del
1988. Le lacune di questa legge ( soprattutto l’esistenza di un “filtro di
ammissibilità” dei ricorsi) ha fatto sì che su oltre 400 ricorsi solo 7 hanno
portato ad una condanna e ad un’azione risarcitoria.
Ora la nuova
normativa rende più accessibile il ricorso alla giustizia da parte di cittadini
che siano stati danneggiati per colpa o dolo ed apre le porte all’applicazione
anche verso i magistrati del principio “La legge è uguale per tutti”.
Vale la pena di ricordare quanto ha
detto, a questo riguardo, la figlia di Tortora, Gaia:
«Pagare per i propri errori è un rischio che i cittadini normali vivono ogni giorno, in ogni mestiere. Vorrei invece sapere, e sarebbe anche un mio diritto, perché i magistrati che hanno condannato mio padre sono stati addirittura promossi. Un controsenso. Non si è mai visto uno che ruba in un ufficio postale e viene promosso a direttore di quell’ufficio».
E’ tempo che
i magistrati la smettano una buona volta
di arrogarsi un potere di sindacare gli atti di altri organi
istituzionali, soprattutto quando si tratta di atti che loro sono obbligati ad
applicare.
Il
Presidente Mattarella, che è anche Presidente dell’organo di autogoverno della
Magistratura ha recentemente detto, rivolgendosi ai magistrati, che essi devono
agire per l’applicazione della legge, rifuggendo sia da impropri protagonismi (
di cui abbiamo avuto fin troppi esempi e che i cittadini in maggioranza non
sopportano più), sia da atteggiamenti burocratici (che non tengano conto del
buon senso nella valutazione dei fatti, di cui si sono pure avuti vari casi).
Come ha
giustamente detto, a proposito della riforma, il Ministro della Giustizia
Orlando “valuteremo laicamente gli
effetti e siamo pronti a correggere alcuni punti”. Uno di questi punti potrebbe
riguardare, come ha osservato l’ex
magistrato ed ex Presidente ddella Camera Luciano Violante, “
l’introduzione di una norma che punisca l’azione temeraria” di chi ricorre
contro un magistrato per intimidirlo. Un approccio di questo tipo permetterebbe
di far cessare un intollerabile stato di irresponsabilità dei giudici e, nello
stesso tempo, di salvaguardare la magistratura da attacchi strumentali.
Sarebbe necessario,
comunque, che i magistrati iniziassero a
fare una doverosa e seria autocritica,
invece che ostinarsi nella difesa ad oltranza di una posizione di
ingiustificato e anacronistico privilegio che li rende “più uguali degli altri” e, per
questo motivo, invisi a molti.
6 commenti:
Vero. Chi sbaglia deve pagare, come tutti. Il guaio è che manca un filtro veramente serio. Se metto regole, ma le faccio gestire dal sistema, il sistema farà ciò che vuole, persino involontariamente. Siccome la gente si è evoluta, sarebbe ora di creare un organismo di controllo democratico su ogni atto governativo e sulle regole d'ingaggio degli uomini politici. Ci devono rappresentare persone degne, non parodie pescate per ragioni interne o per spinte oligarchiche. L'impunibilità deve essere rimossa a valle. Giusto che paghi il magistrato, ma deve pagare anche il politico incapace.
Anch'io nell'87 avevo votato a favore della responsabilità dei giudici, ma ora sinceramente non credo che voterei allo stesso modo:
1) perchè se il principio che gli errori si pagano è sempre valido, lavorare 40 anni sotto la minaccia che al primo errore riconosciuto ti viene decurtato lo stipendio del 50% non mette nessuno (e tanto meno un giudice) nelle condizioni per operare serenamente, ma di necessità terrà sempre un occhio a pararsi il dedrio
2) perchè ti immagini gente come Berlusconi come userà questa nuova norma?
Quindi si al principio ma NO alla nuova norma così punitiva. Tanto ormai è legge, vedremo nei prossimi anni se ho ragione a dire che ce ne pentiremo!!
Diana
Rispondo a Dario:
D'accordo che deve pagare anche il politico incapace e sarebbe bello avere un sistema che consentisse di selezionare chi viene eletto, ma abbiamo visto ch, ad esempio, le primarie nel nostro contesto non funzionano perchè fanno passare anche persone come De Luca con una condanna sul groppone. Il sistema delle preferenze, che oggi ci sembra, ed è, migliore delle nomine calate dall'alto, ha pure molte pecchè, soprattutto in termini di voto di scambio, e anni fa ci fu un referendum per abolirlo.
Ora tu proponi un "sistema di controllo democratico su ogni atto governativo e sulle regole d'ingaggio degli uomini politici".
Ma c'è qualcosa, oltre al voto, che risponda a questi requisiti?
Se sì, parliamone.
Roberto
Rispondo a Diana:
Il rischio che qualcuno cerchi di approfittarsene c'è ed è questa la ragione per cui la legge andrebbe integrata con una norma contro "l'azione temeraria".
Però non si può accettare che i magistrati si sentano intoccabili e si comportino di conseguenza: se "pararsi il dedrio", come tu dici, vuol dire fare attenzione alle conseguenze dei propri atti, a me sta bene.
Inoltre il 50% dello stipendio è il massimo della pena e sarà applicabile solo nei casi più estremi; il grado della decurtazione sarà sempre valutato da magistrati e penso che sarà commisurato, con buonsenso, al livello di responsabilità accertata.
Roberto
Concordo su quanto hai detto, parola per parola. Ma leggendo una parte dei commenti che ti sono pervenuti mi assale lo sconforto: davvero dovremmo essere contro la responsabilità civile perché tanti Berlusconi, piccoli e grandi, potrebbero usarla per condizionare i magistrati? Si dà fiducia ai giudici che giudicano i comuni mortali, ma la si nega ad altri giudici che giudicano i loro colleghi? Succede che l’impegno politico faccia dimenticare la logica, ma qualche volta si esagera.
Di che pasta siano fatti i nostri bravi magistrati lo vediamo tutti i giorni; ben venga quindi una legge che imponga un maggiore equilibrio, e magari un po’ meno arroganza e personalismo in una casta che cercando di difendere la propria indipendenza è diventata ingovernabile. E non abbiamo bisogno di conferme per vedere di quale pasta siano fatti i politici: votano una legge Severino (non ad personam, mai!) per escludere i pregiudicati dalle cariche pubbliche; ma quando ci casca dentro l’ex sindaco di Salerno vogliono cambiarla, facendo però in modo che rimanga valida per il Berlusca. Come noto, la legge è sempre (?) uguale per tutti….
Ciao,
Umberto
Caro Umberto,
concordo sul fatto che ci voglia, da parte dei magistrati, più equilibrio e, come ha chiesto il Presidente Mattarella, meno protagonismo. Se i magistrati eserciretanno il loro ruolo con coscienza e umiltà, non incorreranno in rischi impropri.
Circa la Legge Severino. sarebbe davvero paradossale se dopo averla fatta applicare a Berlusconi , la si cambiasse per salvare De Luca.
Sarebbe la riprova che, per certa sinistra, il garantismo va bene quando si applica ai "nostri", ma decade nei confronti degli avversari.
Se ciò dovesse verificarsi prepariamoci a fare una dura battaglia contro gli ipocriti.
Roberto
Posta un commento