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lunedì 18 luglio 2011

La sfida globale e i costi della politica

Mi è stato chiesto perchè, nel mio ultimo post, non ho citato il fatto che, mentre i politici hanno accollato gravi sacrifici ai cittadini, hanno esentato se stessi da qualunque riduzione, rinviando a data da definire eventuali tagli ai costi della politica.
Il motivo è che citarli in quel contesto avrebbe significato sminuire fortemente il significato della "coesione nazionale" raggiunta in tale occasione.
Che è un grande risultato o, per citare il Presidente della Repubblica, "un miracolo", che potrebbe essere molto utile in futuro.
Come credo sia evidente dai miei post io sono critico sia verso il centrodestra, al quale sono più vicino per valori ma che ha disatteso molte promesse fatte agli elettori, sia verso il centrosinistra, che non riesce ad esprimere un programma alternativo e mantiene forti ambiguità ( si veda l'astensione del PD sulla proposta dell'IDV di abolire le provincie).
Tuttavia, come non credevo che sarebbe stato utile al centrosinistra demonizzare tutto ciò che ha fatto il Governo solo per l'odio verso Berlusconi ( infatti con questa strategia ha sempre perso le elezioni), ritengo sommamente sbagliato demonizzare tutto ciò che fa la politica solo perchè la "casta" difende i suoi privilegi.
Lo spirito di unità nazionale che ha consentito di approvare in tempi record la manovra finanziaria è cosa di grande rilevanza, anche se la "casta" ha mostrato uno sgradevole spirito corporativo, ed è un valore da coltivare perchè il nostro Paese, e non solo il nostro, deve affrontare tempi molto duri.
Per dirla chiaramente, gran parte dei paesi sviluppati (Stati Uniti e Gran Bretagna in testa, poi Grecia, Portogallo Spagna, Irlanda, Italia, ecc.) hanno vissuto negli ultimi 20/30 anni costantemente al di sopra dei propri mezzi, accumulando debiti pubblici e privati spesso insostenibili e accollando alle future generazioni l'onere derivante da un tenore di vita troppo alto di quelle attuali.
Invece di impostare una politica di rigore che consentisse di correggere gli eccessi e riportare ad un equilibrio i conti pubblici e privati, si è preferito  - negli ultimi due anni - inondare il sistema  globale con ulteriori finanziamenti a pioggia  (c.d. "quantitative easing") che non hanno risolto i problemi economici  e dell'occupazione ed hanno gonfiato ulteriori bolle finanziarie. In sostanza si è cercato di curare un sistema drogato dai debiti offrendogli più droga.
Anche qui i nodi stanno venendo al pettine e lo dimostra l'aggressione che la finanza internazionale, in larga misura di origine USA, sta facendo verso i paesi ritenuti più deboli per scaricare su di essi l'immane costo del riaggiustamento economico che si dovrà fare a livello globale per evitare una gravissima recessione (stile 1929) e riprendere la via di uno sviluppo che, comunque, dovrà essere più moderato di quello passato.

E' in atto, quindi, una vera e propria guerra economica che si combatte con le armi della finanza e con i giudizi "pilotati" delle agenzie di rating, che sono il maggiore scandalo del terzo millennio.

Per non essere schiacciati è necessario dimostrare di saper fronteggiare l'aggressione, mettendo davvero in ordine i propri conti e sviluppando un'adeguata competitività. Ciò non potrà essere fatto in un contesto politico di forti contrapposizioni, che è caratteristico della realtà italiana, ma richiederà più volte il contributo congiunto di maggioranza e opposizione. E' questa la ragione che mi ha indotto a plaudire al comportamento responsabile dimostrato da entrambe.
E' ovvio, e da tutti sottolineato, che tale sforzo sarà tanto più credibile quanto più sarà accompagnato da un ridimensionamento del pletorico apparato politico- amministrativo del nostro Paese, non solo per il suo costo, che incide pesantemente sui conti pubblici, ma anche  perchè chi chiede agli altri sacrifici deve dare l'esempio.
Per far uscire il dibattito su questo punto dal tono dell'invettiva, che è al momento prevalente, a quello della ricerca di soluzioni,  è necessario chiedere ai partiti, in vista delle elezioni che si terranno nel 2012 o nel 2013, di fare proposte concrete su pochi punti precisi. Per parte nostra segnaliamo i seguenti:

- riduzione del numero dei parlamentari  e degli altri componenti di assemblee elettive a livello territoriale
- effettiva equiparazione delle loro remunerazioni e delle altre prebende alle media europea
- riduzione o abolizione delle provincie. Sull'opportunità dell'abolizione si sono espressi in molti ma non è chiaro se tale provvedimento avrebbe solo aspetti positivi.  In Parlamento la proposta dell'IDV è stata affossata anche con la determinante astensione del PD, che ha recentemente annunciato di voler presentare un progetto di  legge per la riduzione di questi Enti. Un dibattito sul merito della questione andrebbe affrontato.

Sarebbe opportuno che su queste o altre richieste, fatte comunque in forma essenziale che non consenta "svicolamenti" nelle risposte, esercitassero un'azione di vigilanza sia i cittadini, soprattutto tramite la Rete, sia i mezzi d'informazione che, mentre hanno il pregio di sollevare in modo documentato i problemi, hanno talvolta il limite di non dare luogo in modo sistematico e comparativo alla verifica di quanto proposto dalle forze politiche.

2 commenti:

enrico ha detto...

Condivido la richiesta di abbassare i costi della politica; di più, vorrei che si riducesse tantissimo il perimetro di intermediazione dello Stato, degli enti pubblici, dei partiti e della politica.
Sul punto centrale (ce la faremo ?) continuo a non vedere proposte. Debito: viaggiamo verso i 1900 miliardi euro. PIL annuale: circa 1550. Manovra: 48 miliardi. Scenario molto molto ottimista: se i rendimenti dei titoli di Stato italiani scendono a livello Germania e la crescita va al 2%, ci servono vent'anni di sacrifici per tornare ad un indebitamento accettato dall'UE. Scenario più realista: i rendimenti dei titoli italiani rimangono alti, la crescita sta all'1-2% e quindi il debito nel 2014 è più alto di ora. Se è così le mosse graduali non servono: o forte patrimoniale e vendita beni pubblici (ricchezza italiana pubblico-privata stimata in 8000 miliardi su 1900 di debito), o riduzione del 50% delle prestazioni pubbliche (quanto mi piacerebbe !)

roberto ha detto...

Anche a me sembra che il secondo scenario da te delineato sia il più verosimile ed è per questo motivo che ho pronosticato tempi molto duri e l'esigenza di forte coesione nazionale per fronteggiare una crisi molto grave. Aggiungo che gli attacchi all'Italia sembrano il mezzo scelto dai "poteri forti" globali per abbattere l'euro e quindi dureranno a lungo.
Certammente la manovra attuale, pur impegnativa, non basterà e occorreranno, come tu dici, provvedimenti più incisivi: la vendita di beni pubblici sarà forse il primo passo ma anche la patrimoniale è probabile (il che non è il massimo per un liberista!). Circa la riduzione delle prestazioni pubbliche sono d'accordo "con riserva": la via della privatizzazione, come ha ben detto Massimo Mucchetti in un recente articolo sul Corriere della Sera, non è priva di trabocchetti e inganni, come hanno ben mostrato alcune delle operazioni fatte in Italia da capitalisti senza capitale. E' una discussione che andrebbe fatta in modo approfondito.