Il dado è tratto: con il suo tweet di Natale Monti è “salito in politica” col motto “ lamentarsi non serve, spendersi sì” e non ha imbarcato i voltagabbana, come auspicato nel mio post precedente.
E’ una scelta coraggiosa perché Monti non può contare su una propria base elettorale di partenza, ma soltanto sulla volontaria adesione alla sua agenda di forze politiche e sociali variegate e deve sperare che la sua scelta di rivolgersi con chiarezza ai cittadini, già provati dalla politica di rigore, si riveli vincente, malgrado egli non li lusinghi con facili promesse.
D’altronde non è più tempo di facili promesse. In un recente sondaggio, il Corriere della sera ha chiesto ai suoi lettori se avesse ragione Berlusconi proponendo di eliminare l’IMU e ridurre la pressione fiscale : il 90% ha detto di no. Ciò segnala una diffusa consapevolezza che la demagogia ci porterebbe definitivamente alla rovina e che il difficile percorso di risanamento delle finanza pubbliche intrapreso dal Governo tecnico deve essere proseguito dal governo politico che gli succederà, in quanto il peso del nostro debito non consente cedimenti.
Scrivevo al riguardo in un post precedente (“La Grande coalizione” del 24 luglio 2012) quanto segue:
“Il rientro da una follia collettiva che è durata oltre 30 anni richiederà necessariamente tempi lunghi ed un assetto politico ben diverso da quello che ci ha portato sull'orlo del baratro. Invece di una lotta politica apparentemente esasperata sul proscenio e totalmente disattesa dietro le quinte, occorrerà un approccio meno demagogico e più trasparente, capace di dire ai cittadini la verità: i sacrifici da fare saranno ancora molti e per molto tempo perchè il nostro Paese ha vissuto troppo a lungo al di sopra dei propri mezzi. Solo un doloroso ma salutare rigore ci porterà a risorgere.Monti è stato criticato per aver detto che "il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni", ma io sono d'accordo con lui.
Abbiamo bisogno di statisti.”
La sfida che Monti ha lanciato alle forze politiche è proprio da statista: uscire dalla logica del consenso a breve termine, ottenuto invariabilmente a carico del debito pubblico e, quindi, delle prossime generazioni, per costruire un consenso sulle scelte di lungo termine necessarie a riacquistare competitività e peso internazionale e garantire un futuro ai giovani. Per fare ciò ha stabilito dei “paletti” all’interno dei quali dovrebbero porsi i partiti per poter credibilmente competere per la guida del Paese. Cito, a questo proposito due articoli: il primo di Maurizio Ferrera sul Corriere del 24 dicembre:
“Il Presidente del Consiglio non lo ha detto esplicitamente, ma ha fatto capire che c’è una “Cornice Monti” e, al suo interno, una più specifica “agenda”. La cornice definisce un perimetro di ragionevolezza programmatica di base e comprende essenzialmente due elementi: il rispetto del quadro di riferimento europeo…..e……..il mantenimento dell’IMU ….perchè è diventata un simbolo di serietà fiscale e di impegno al risanamento.”
Il secondo di Massimo Giannini su La Repubblica del 24 dicembre:
“Da ieri il quadro politico è già cambiato……….grazie a Monti il bipolarismo italiano è già diverso da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi venti anni. Con la definitiva esclusione della destra forza-leghista dal perimetro della governabilità, cade quella “anomalia necessaria”che ha giustificato le Larghe intese di un anno fa”.
Naturalmente ora la parola spetta agli elettori: se premieranno la forza politica che si sta costruendo in relazione all’ “agenda Monti” e confermeranno quanto i sondaggi dicono circa il successo del PD, si porranno le basi per un nuovo contesto politico in cui competeranno per il governo del Paese una forza politica di centrosinistra ed una di centro, in attesa che in futuro anche la destra possa porsi all’interno del “perimetro di ragionevolezza programmatica” citato in precedenza, dal quale si è autoesclusa a seguito delle posizioni massimaliste assunte.
Per il successo della formazione di centro è però indispensabile la costituzione di una Lista unica, non solo al Senato dove essa è imposta dai meccanismi elettorali del “porcellum”, ma anche alla Camera, dove c’è più libertà di azione. Le resistenze alla lista unica vengono, in parte, dall’UDC e da FLI che vorrebbe mantenere la possibilità di scegliere i propri candidati e, in parte, da Italia Futura che non vorrebbe confondersi con i partiti tradizionali della coalizione.
Queste resistenze devono comunque essere superate perché solo un’identità forte e visibile del Centro può sperare di attrarre il voto degli indecisi e di coloro che sono propensi ad astenersi dal voto, nonché di coloro che sono insoddisfatti delle posizioni assunte dai loro partiti di riferimento. Su questo punto non vi possono essere tentennamenti e non credo che Monti li avrà.